lunedì, luglio 18, 2005

Mon-dr-done!!

Si l'ho fatto! Il grande spauracchio che mi perseguitava da quando ho cominciato ad andar per fiumi, il passaggio simbolo per l'alto corso piemontese, la gorgia che tante volte ho sognato di fare e che ancora più volte mi sono giurato che non avrei mai fatto, pur sapendo che in fondo mentivo...

Ieri qualcosa è cambiato, anzi era già cambiato martedì scorso, quando sono andato a vederlo bene da vicino, ed era da allora che mi perseguitava; mi svegliavo di notte con il batticuore, il fiato corto, perché in fondo sapevo che la decisione l'avevo già presa, anche se non volevo ammetterlo.

Veramente la mia ambizione era di farlo in open!! Poi però il primo buco mi spaventava... alla fine, meglio in kayak che niente... ma un pensiero all'open lo stò ancora facendo.

Comunque ieri grazie alla preziosa assistenza di Roby di Lanzo e di un suo giovane amico, di Valerio, Claudio e Alessandro e di un altro ragazzo (forse Claudio anche lui) dell'Orco, ho rotto gli indugi.

E' difficile spiegare: la paura che mi ha accompagnato fino al momento della decisione si è poi dileguata, lasciando spazio a una grande concentrazione, a un senso di pace interiore, quasi... Ormai la scelta era fatta. Ho cominciato a estraniarmi da quello che mi circondava, ero vigile si, ma in un certo senso distaccato. Quando mi sono imbarcato, la canoa si è staccata dalla roccia ed è planata nella pozza di partenza, sono entrato in uno dei più profondi momenti di intimità che ho provato con me stesso.

Ho assaporato lo spettacolo sublime del secondo salto (l'impraticabile), il rombo dell'acqua, gli spruzzi nebulizzati, il benessere che il mio fisico mi trasmetteva, non annullando il pensiero del rischio, assaporando anzi queste sensazioni, con la consapevolezza che avrebbero anche potuto essere le ultime. Ma non me ne importava, se avessi dovuto morire, quale posto sarebbe stato migliore?

Piuttosto la preoccupazione era quella di un infortunio... ma l'esperienza insegna che ci si può fare più male attraversando la strada... L'altro giorno ho letto una massima buddista che diceva pressapoco così: il coraggio non è assenza di paura, ma un rapporto molto stretto, di intimità con la paura. Ecco era proprio così.

Quando ho ricevuto i segnali che tutto era pronto sono partito: un ramo pendente da un pino abbattuto che sfiorava l'acqua, circa 5 metri prima del primo buco, poteva essere un impiccio, ma l'ho trasformato in un riferimento; sono passato a sx, come attraverso una porta da slalom, e poi deciso verso destra a tagliare il buco su una lingua minuscola che si arrampicava sulla roccia: punta contro la parete, stacco, parabola, via. L'ho passato senza neanche bagnarmi la faccia...

Ricordo la voce di Roby che mi ha urlato: vai è tuo ormai! Ho rallentato il ritmo per recuperare, un attimo di pausa e poi due o tre propulsioni decise per impostare lo scivolone sul dente, come mi ero prefisso. Non ho ricordi del salto, se non della concentrazione per impostarlo e del nirvana liquido dello sbuffo finale... Se avete letto il Paradiso di Dante, ecco lui diceva di non poter descrivere le sensazioni provate, perché la memoria non era in grado di conservarle e il linguaggio di esprimerle. Solo luci, emozioni... E' stato così.

Arrivato al fondo un attimo di stupore, e poi ho urlato, con tutto il fiato che avevo, la liberazione, la gioia; è durata un attimo, poi una specie di torpore endorfinico mi ha invaso.

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